Scrivere…per Franco non era naturale e perciò penso che gli
scritti che ci ha lasciato siano tanto più preziosi, veicoli di messaggi più
profondi di quanto le parole in sé possano dire. Un autore a cui ha rivolto molti
sforzi, per comunicarne l’opera e la rilevanza per chi lavora con le persone, è
Primo Levi, a cui ha dedicato il suo ultimo contributo. Mi era sempre sfuggita
l’importanza dell’interesse di Franco per Primo Levi ma era una figura che
tornava e ritornava nella sua vita e nei suoi discorsi.
In quest’ultimo scritto (in calce) dichiara così
apertamente, come le parole di Levi avessero sostenuto la sua opera di
umanizzazione all’interno dell’ospedale psichiatrico. Era difficile
sopravvivere nel manicomio, era difficile per tutti, non solamente per le ricoverate,
anche per i medici, per gli infermieri, per tutti.
Franco a volte raccontava di quanto fosse stata dura, di come
in un certo senso si sentisse un sopravvissuto, anche se non mi pare che lui
usasse questo termine. Era riuscito a sopravvivere lavorando per tanti anni nel
manicomio proprio cercando di creare dei piccoli spazi che consentissero ad
ognuno di ricordarsi della propria umanità.
Franco cita un passo di Levi che descrive nella sua forma più
radicale la de-umanizzazione, che peraltro purtroppo si continua ad attuare in
molte forme, ma di cui nel nazismo si è avuta la forma più estrema che si
conosca: “si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengono
tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente
tutto quanto possiede: sarà un uomo vuoto, ridotto a sofferenze e bisogno,
dimentico di dignità e discernimento, poiché accade facilmente a chi ha perso
tutto, di perdere se stesso”. Spiega come Basaglia avesse confrontato questa
condizione con quella dei ricoverati nei manicomi e quindi racconta: “Nel mio
ufficio, dietro la scrivania, figurava la stessa citazione, per sottolineare il
terribile destino che normalmente distruggeva le pazienti.”
Ecco, quest’immagine da sola, della sua scrivania con dietro
questa citazione, basta a darci un’idea della grandezza del suo contributo nel
passaggio da un mondo totalitario a un mondo in cui si comincia ad articolare
una diversa visione del rapporto tra le persone. Un contributo concreto, che
passava per le piccole azioni e cambiava le cose dal di dentro. Ricordo che mi
spiegava come fosse difficile agire in quel contesto, al di fuori del percorso
già tracciato dalle ferree regole e consuetudini. Per questo io penso che la
sua capacità di attuare tanti piccoli miglioramenti nella vita delle pazienti sia
stata davvero ammirevole e ancora un grande esempio di come le vere rivoluzioni
possano iniziare dalle piccole cose.
Writing…it
wasn’t natural for Franco, so I think the writings he has left are really
precious, they bring profound messages that tell us much more than words can
say. An author on whom he spent much effort, to communicate his work and his
importance for those who work with people, is Primo Levi, to whom he dedicated
his last contribution. I never fully realized the importance of Franco’s
interest for Primo Levi, which was a figure that came back again and again in
his life and talks.
In this last
writing (at the end, sorry it's in Italian) he openly declares, how Levi’s words had supported his
efforts for humanizing the life in the mental hospital. It was difficult to
survive in the asylum, it was difficult for all, not only for the hospitalized,
it was difficult for the doctors, for the nurses, for everyone too.
Sometimes
Franco would tell how tough that experience had been, how in a certain sense he
felt as a survivor, although I am not sure whether he ever used this term. He
had managed to survive working for so many years in the mental hospital, as he
tried to create space to allow for each one to remember about one’s own
humanity.
Franco quotes
a passage from Levi that describes de-humanization in its most radical form,
something that unfortunately still happens in many circumstances, but which has
seen in Nazism the form the most extreme ever known:” try to imagine a man who,
together with the people he loves, he is subtracted his home, his habits, his
clothes, everything, literally everything he owns: he will be an empty man,
reduced to sufferings and need, oblivious of dignity and discernment, because
it easily happens when one has lost everything, to lose oneself too”. Franco
explains that Basaglia (who was later the extensor of the revolutionary law for
the new psychiatric care and the closure of mental hospitals in Italy), had
compared this condition to the one of people hospitalised in mental hospitals
and he tells: “In my office, behind my desk, you could see the same quote, to
point out the terrible destiny that commonly destroyed the life of the patients”.
This image of
his desk, with this quote behind it, is sufficient to give us an idea of the
greatness of Franco’s contribution in the transition from a totalitarian world
to a world which is starting to articulate a different vision of the
relationships among people. A concrete contribution, through small actions,
changing things from inside. I remember him telling me how difficult it was to
act in such a context, to do anything different from the stringent rules and
customs. So, in my opinion, his ability in introducing many small improvements
in the life of patients is really to be admired and to be considered a great example
of how true revolutions can get started from small things.
PRIMO LEVI
etologo della soggettività nel campo di concentramento di
AUSCHWITZ di
FRANCO PAPARO
Esiste una
gran mole di bibliografia su Primo Levi e i suoi libri, e Levi è stato
riconosciuto come uno dei grandi scrittori del nostro tempo. Il suo approccio
scientifico originale allo studio della soggettività è stato invece quasi
sempre ignorato. A mio modo di vedere questo fatto è avvenuto per la prevalenza
di critici letterari, di filosofi e di storici tra gli entusiasti studiosi
della sua opera e la mancanza di etologi, di antropologi e di psicologi del
profondo con un moderno approccio empatico, relazionale o intersoggettivo.
Mostrerò
alcune citazioni da “Se questo è un uomo”, che sono, a mio avviso, esempi
significativi delle accurate ipotesi empatiche di Primo Levi e della sua
capacità di formulare un resoconto accurato di ciò che avveniva nella esperienza
soggettiva sua e dei suoi compagni di sventura ad Auschwitz. Primo Levi era aiutato dal fatto di essere un
chimico dotato ed esperto nell’arte di osservare,” di separare, di pesare e di distinguere” (Italo Calvino).
Primo era
stato catturato dalla Milizia Fascista
“Repubblichina” come appartenente
ad una banda di Partigiani Italiani il 13 di dicembre 1943 (allora il Centro e il Nord d’Italia erano
ancora occupati dai Nazisti). Primo venne imprigionato a Fossoli e,
riconosciuto come ebreo, dopo pochi giorni i Tedeschi lo presero in carico per
la deportazione in Germania.
Da lì
cominciò il lungo viaggio in treno verso Auschwitz.
“Qui ci attendeva il treno e la
scorta per il viaggio. Qui ricevemmo i primi colpi: e la cosa fu così nuova e
insensata che non provammo dolore, nel corpo né nell’anima. Soltanto uno
stupore profondo: come si può percuotere un uomo senza collera?
Tutto era silenzioso come in un acquario, e come in certe scene di sogni. Ci saremmo attesi qualcosa di più apocalittico: sembravano semplici agenti d’ordine.
Era sconcertante e disarmante.”
Tutto era silenzioso come in un acquario, e come in certe scene di sogni. Ci saremmo attesi qualcosa di più apocalittico: sembravano semplici agenti d’ordine.
Era sconcertante e disarmante.”
“Gli sportelli erano stati chiusi subito, ma il treno non si mosse che a
sera. Avevamo appreso con sollievo la nostra destinazione. Auschwitz: un nome
privo di significato, allora e per noi; ma doveva pur corrispondere a un luogo
su questa terra.”
“Ma ormai la
mia idea è che tutto questo è una grande macchina per ridere di noi e vilipenderci.”
“D’altronde,
ci siamo presto accorti che non siamo senza scorta. E’ un soldato tedesco, irto
d’armi …”Accende una pila tascabile, e invece di gridare “Guai a voi, anime
prave”ci domanda cortesemente ad uno ad uno, in tedesco e in lingua franca, se
abbiamo danaro od orologi da cedergli; tanto dopo non ci servono più. Non è un
comando, non è regolamento questo: si vede bene che è una piccola iniziativa
privata del nostro Caronte. La cosa suscita in noi collera e riso e uno strano
sollievo.”
“Incomincia
un giorno come ogni giorno, lungo a tal segno da non potersene logicamente
concepire la fine, tanto freddo, tanta fame, tanta fatica ce ne separano: per
cui è meglio concentrare l’attenzione e il desiderio sul blocchetto di pane
grigio, che è piccolo, ma fra un’ora sarà certamente nostro, e per cinque
minuti, finché non l’avremo divorato, costituirà tutto quanto la legge del
luogo ci consente di possedere.”
“si immagini ora un uomo a cui, insieme con le
persone amate, vengono tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto
infine, letteralmente tutto quanto possiede: sarà un uomo vuoto, ridotto a
sofferenze e bisogno, dimentico di dignità e discernimento, poiché accade
facilmente a chi ha perso tutto, di perdere se stesso”
Un amico, il famoso psichiatra Franco
Basaglia, morto nel 1980 a soli 55 anni,
il primo psichiatra che ha lottato
praticamente per l’abolizione dei manicomi
nel nostro Paese, ha usato questa
citazione in un articolo del 1967 per indicare la somiglianza con la situazione dei pazienti
nel manicomio e la loro “carriera
morale”. Nei primi anni 70, iniziai nell’Ospedale di Santa Maria della Pietà a
Roma. un duro lavoro di” umanizzazione” e di “de-istituzionalizzazione” come primario a tempo pieno di un Reparto di
“donne agitate con problemi organici”, con
due medici assistenti volontari (uno di essi è sda molti anni analista di
training della S.P.I.) con il sostegno “morbido” dei sindacati degli infermieri e la presenza di un gruppo di 17 volontari motivati (studenti di
psicologia. medicina e della scuola di servizio sociale ). Nel mio ufficio, dietro la scrivania, figurava
la stessa citazione ,per sottolineare il terribile destino che normalmente
distruggeva le pazienti.
Allo stesso
tempo sono completamente d’ accordo con
Primo levi per la sua irritazione e il suo scetticismo nei riguardi di qualsiasi tentativo di assimilare la vita nel campo di concentramento
alla vita dei pazienti nel manicomio. L’obiezione di Primo Levi era giustamente che il comportamento e
l’atteggiamento di odio dei Nazisti era
un aspetto centrale e che le loro intenzioni erano di distruggere e umiliare
ogni singolo ebreo.
“Ma consideri
ognuno, quanto valore, quanto significato è racchiuso anche nelle nostre
piccole abitudini quotidiane, nei cento oggetti nostri che il più piccolo
mendicante possiede. Un fazzoletto, una vecchia lettera, la fotografia di una
persona cara. Queste cose fanno parte di noi come membra del nostro
corpo. Né è pensabile di venirne
privati, nel nostro mondo, ché subito ne troveremmo altre a sostituire i vecchi, altri oggetti che sono
nostri in quanto custodi e suscitatori
di memorie nostre.”
“In questo
luogo, lavarsi tutti i giorni nell’acqua torbida del lavandino immondo è .praticamente inutile ai
fini della pulizia e della salute; è invece importantissimo come sintomo di
residua vitalità e necessario come strumento di sopravvivenza morale.”
Sogno: “Qui
c’è mia sorella, e qualche amico del passato, e molta altra gente. Tutti mi
stanno ascoltando …. E’ un godimento intenso, fisico, inesprimibile, essere
nella mia casa, tra persone amiche, e avere
tante cose da raccontare: ma non posso non accorgermi che i miei ascoltatori
non mi seguono. Anzi; essi sono del tutto indifferenti: parlano confusamente
d’altro fra di loro, come se io non ci fossi. Mia sorella mi guarda, si alza e
se ne va senza far parola.
Allora nasce in me una pena desolata, come certi dolori appena ricordati della prima infanzia … simili a quelli per cui i bambini piangono.”
Allora nasce in me una pena desolata, come certi dolori appena ricordati della prima infanzia … simili a quelli per cui i bambini piangono.”
Primo si
sveglia: “Il sogno mi sta davanti ancora caldo, e io, benché sveglio, sono
tuttora pieno della sua angoscia: e allora mi ricordo che questo non è un sogno
qualunque, ma da quando sono qui l’ho già sognato, non una ma molte volte, con
poche variazioni di ambiente e di particolari. Ora sono in piena lucidità, e mi
rammento anche di averlo già raccontato ad Alberto, e che lui mi ha confidato,
con mia meraviglia, che questo è anche il suo sogno, e il sogno di molti altri,
forse di tutti.
Perché questo avviene? Perché il dolore di tutti i giorni si traduce nei nostri sogni così costantemente nella scena sempre ripetuta della narrazione fatta e non ascoltata.”
Perché questo avviene? Perché il dolore di tutti i giorni si traduce nei nostri sogni così costantemente nella scena sempre ripetuta della narrazione fatta e non ascoltata.”
… “Mentre
così medito cerco di profittare dell’intervallo di veglia per scuotermi di
dosso i brandelli di angoscia del sopore precedente, in modo da non
compromettere la qualità del sonno successivo. Mi rannicchio a sedere nel buio,
mi guardo intorno e tendo l’orecchio. Si sentono i dormienti respirare e
russare, qualcuno geme e parla. Molti schiacciano le labbra e dimenano le
mascelle. Sognano di mangiare: anche questo è un sogno collettivo. E’ un sogno
spietato, chi ha creato il mito di Tantalo doveva conoscerlo. Non si vedono
soltanto i cibi ma si sentono in mano, distinti e concreti, se ne percepisce
l’odore ricco e violento; qualcuno ce li avvicina fino a toccare le labbra, poi
una qualche circostanza, ogni volta diversa, fa sì che l’atto non vada a
compimento. Allora il sogno si disfa e si scinde nei suoi elementi, ma si
ricompone subito dopo e ricomincia simile e mutato: e questo senza tregua per
ognuno di noi, per ogni notte e per tutta la durata del sonno.”
“Se fossimo
ragionevoli, dovremmo rassegnarci a questa evidenza, che il nostro destino è
perfettamente inconoscibile, che ogni congettura è arbitraria ed assolutamente
priva di fondamento reale. Ma ragionevoli gli uomini sono assai raramente,
quando è in gioco il loro proprio destino; essi preferiscono in ogni caso le
posizioni estreme; perciò, a seconda del loro carattere, fra di noi gli uni
sono convinti immediatamente che tutto è perduto, che qui non si può vivere, e
la fine è certa e prossima; gli altri che, per quanto dura la vita che ci
attende, la salvezza è probabile e non lontana e, se avremo fede e forza
rivedremo le nostre case e i nostri cari:le due classi dei pessimisti e degli
ottimisti, non sono peraltro così ben distinte: non già perché gli agnostici
siano molti, ma perché i più, senza memoria né coerenza, oscillano tra le due
posizioni-limite, a seconda dell’interlocutore e del momento.”
“Chajm è il
mio compagno di letto, ed io ho in lui una fiducia cieca. È un polacco, ebreo
pio, studioso della Legge. Ha press’a poco la mia età, è di mestiere
orologiaio, e qui in Buna fa il meccanico di precisione; è perciò fra i pochi
che conservino la dignità e la sicurezza di sé, che nascono dall’esercitare
un’arte per cui si è preparati.”
“ La presunzione che la vita ha uno scopo è
radicata in ogni fibra di uomo, è una proprietà della sostanza umana.
Gli uomini liberi danno a questo scopo molti nomi, e sulla sua natura molto pensano e discutono.”
Gli uomini liberi danno a questo scopo molti nomi, e sulla sua natura molto pensano e discutono.”
“In questo
Kabe, parentesi di relativa pace, abbiamo imparato che la nostra personalità è
fragile, è molto più in pericolo che la nostra vita; e i savi antichi, invece
di ammonirci “ricordati che devi morire”, meglio avrebbero fatto a ricordarci
questo maggior pericolo che ci minaccia.
Se dall’interno del Lager un messaggio avesse potuto trapelare agli uomini liberi, sarebbe stato questo: fate di non subire nelle vostre case ciò che a noi viene inflitto qui.”
Se dall’interno del Lager un messaggio avesse potuto trapelare agli uomini liberi, sarebbe stato questo: fate di non subire nelle vostre case ciò che a noi viene inflitto qui.”
19 gennaio
1945
“ Quando fu riparata la finestra sfondata, e la stufa cominciò a diffondere calore, parve che in ognuno qualcosa si distendesse, e allora avvenne che Towarowski (un franco polacco di ventitre anni, tifoso) propose agli altri malati di offrire ciascuno una fetta di pane a noi tre che lavoravamo, e la cosa fu accettata.
Soltanto un giorno prima un simile avvenimento non sarebbe stato concepibile. La legge del Lager diceva: << mangia il tuo pane e, se puoi, quello del tuo vicino>>, e non lasciava posto per la gratitudine. Voleva ben dire che il Lager era morto.
Fu quello il primo gesto umano che avvenne fra noi. Credo che si potrebbe fissare a quel momento l’inizio del processo per cui, noi che non siamo morti, da Häftlinge siamo lentamente ridiventati uomini.”
“ Quando fu riparata la finestra sfondata, e la stufa cominciò a diffondere calore, parve che in ognuno qualcosa si distendesse, e allora avvenne che Towarowski (un franco polacco di ventitre anni, tifoso) propose agli altri malati di offrire ciascuno una fetta di pane a noi tre che lavoravamo, e la cosa fu accettata.
Soltanto un giorno prima un simile avvenimento non sarebbe stato concepibile. La legge del Lager diceva: << mangia il tuo pane e, se puoi, quello del tuo vicino>>, e non lasciava posto per la gratitudine. Voleva ben dire che il Lager era morto.
Fu quello il primo gesto umano che avvenne fra noi. Credo che si potrebbe fissare a quel momento l’inizio del processo per cui, noi che non siamo morti, da Häftlinge siamo lentamente ridiventati uomini.”
“I SOMMERSI
E I SALVATI”
Dopo anni di discussioni e riflessioni (1986)i Primo
Levi scrisse “I sommersi e i salvati”.
Si tratta di un estremo , irriducibile, tentativo di capire e di spiegare, dopo circa quaranta anni, quello che era successo d Auschwitz.
Si tratta di un estremo , irriducibile, tentativo di capire e di spiegare, dopo circa quaranta anni, quello che era successo d Auschwitz.
Primo
Levi sottolinea come fino al momento in
cui scrive , “… nonostante l’orrore di Hiroshima e Nagasaki, la vergogna dei
Gulag, l’inutile e sanguinosa campagna del Vietnam, l’auto-genocidio cambogiano,
gli scomparsi in Argentina, e le molte guerre atroci e stupide a cui abbiamo
assistito, il sistema concentrazionario nazista rimane tuttavia un unicum, sia come mole che come qualità.
In nessun altro luogo e tempo si è assistito ad un fenomeno così imprevisto e
così complesso, mai tante vite umane sono state spente in così breve tempo e
con una così lucida combinazione di ingegno tecnologico, di fanatismo e di
crudeltà….”
Nel suo
coraggioso tentativo di comprendere, Levi è indotto a formulare una serie di osservazioni e
riflessioni, a mio avviso molto
significative, sulla soggettività e il
comportamento umani. In particolare:
Sulla
memoria;
Sulla
comprensione come inevitabilmente semplificante;
Sulla
semplificazione come ipotesi di lavoro;
Sull’aggressività
dei nazisti;
Sulla scelta
e la selezione da parte dei Nazisti degli internati ebrei come Guardie (Kapos
e Prominents) per controllare e uccidere nelle camere a gas i prigionieri.
Secondo Levi “Aver concepito ed organizzato le Squadre” (con la partecipazione
prevalente degli internati ebrei) è stato il delitto più demoniaco del
nazionalsocialismo... “Infatti, l’esistenza delle Squadre aveva un significato,
conteneva un messaggio: noi, il popolo dei Signori, siamo i vostri distruttori,
ma voi non siete migliori di noi, se lo vogliamo e lo vogliamo, noi siamo
capaci di distruggere non solo i vostri corpi ma anche le vostre anime,. così
come abbiamo distrutto le nostre”.
Sull’angoscia;
Sui
sentimenti di colpa che coincidevano con la riacquistata libertà
Ho voluto dare un’idea, per quanto sommaria,
dell’importanza e della qualità di questo importante libro di Levi, che non è
così conosciuto quanto il primo.
Conclusioni
Ritengo che
tutte le citazioni che ho mostrato siano
una chiara conferma della mia tesi, secondo la quale Primo Levi, oltre ad
essere diventato un grande scrittore, era un etologo della soggettività molto
dotato e come tale i suoi due libri “ Se
questo è un uomo” e” I sommersi e i
salvati” meritino di diritto di essere usati come testi nella formazione universitaria degli psicologi, degli psichiatri e degli
psicoanalisti e di essere familiari a tutti coloro che si occupano di persone
che hanno subito un grave trauma sociale.
Vorrei
concludere questo breve intervento, riportando un brano di Samuel Taylor
Coleridge, inserito da Primo Levi come exergo ai “Sommersi e i salvati”.
Since then, at an uncertain
hour,
That agony returns,
And till my ghastly tale is
told
The hearth within me burns.
The Rime of the Ancient Mariner
vv.482-85
grazie
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